Rappresentazioni retoriche e rappresentazioni scientifiche dell’infanzia nel tempo della “Crisi” e delle “retrotopie”. Una ipotesi per uscire dal guado anti-evoluzionista

Fabrizio Chello

Abstract


Since the seminal studies of Ariès and De Mause, research on the history and on the present of childhood representations has outlined three major directions in the relationship between adults and children: an evolutionary one, based on the constant ‘discovery’ of childhood and the consequent improvement of adults’ empathic capacities; an involutionary one, based on the definitive ‘disappearance’ of childhood resulting from the pre-eminence of old and new forms of violence on children’s lives; a contradictory one, based on the simultaneous and irreducible presence of forms of empathy and violence. This third direction, which would seem to be more respectful of the plurality and complexity of the educative-formative experience, is constantly put in check by the disjunctive thinking present in pedagogy, which aesthetises the “Crisis” or tries to fight it through “retrotopias”. In order to get out of this quagmire, the paper proposes a reflection on language as heuristic tool able to provide a distinction between rhetorical and scientific representations of childhood, through which to reactivate the evolutionary principle and outline horizons of civilisation that look beyond the discontents.


Riassunto: A partire dagli studi seminali di Ariès e di deMause, le ricerche sulla storia e sull’attualità delle rappresentazioni d’infanzia hanno delineato tre grandi direzioni nella relazione tra adulti/e e bambini/e: una di tipo evolutivo, basata sulla costante ‘scoperta’ dell’infanzia e sul conseguente miglioramento della capacità empatica degli adulti; una di tipo involutivo, basata sulla definitiva ‘scomparsa’ dell’infanzia derivante dalla preminenza di vecchie e nuove forme di violenza sulle vite bambine; una di tipo contradditorio, basata sulla contemporanea e irriducibile presenza di forme di empatia e di violenza. Questa terza direzione, che sembrerebbe essere maggiormente rispettosa della pluralità e della complessità dell’esperienza educativo-formativa, è costantemente messa sotto scacco dal pensiero disgiuntivo presente in pedagogia, che estetizza la “Crisi” o prova a combatterla attraverso “retrotopie”. Per uscire da questo guado, si propone una riflessione sul linguaggio quale strumento conoscitivo in grado di fornire una distinzione tra rappresentazioni retoriche e scientifiche dell’infanzia, mediante la quale riattivare il principio evolutivo e delineare orizzonti di civiltà che guardino oltre il disagio.


Keywords


evolution; involution; contradiction; children’s lives; language.

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