Cecilia Calabrese Assistente della cattedra di Diritto civile Università degli Studi Suor Orsola Benincasa
Introduzione La categoria del danno non patrimoniale è da sempre protagonista di un acceso dibattito, risolto dalla giurisprudenza con soluzioni - spesso - discordanti. Se ad oggi può dirsi pacifica la definizione di tale figura di danno quale lesione di un interesse della persona non connotato da rilevanza economica[1], non può dirsi altrettanto riguardo il sistema di quantificazione dello stesso. Volgendo uno sguardo alle continue pronunce della giurisprudenza di merito e di legittimità, appare evidente come tale sistema sia in continua evoluzione e come tali problematiche siano da sempre state affrontate perlopiù a livello giudiziario e risolte nell’ambito del diritto vivente. Vero è che la sofferenza ed il dolore sono realtà di non facile misurazione, ma i rischi di incorrere in decisioni giudiziali lesive dei principi di eguaglianza ed uniformità sono alimentati dalla circostanza che il legislatore è intervenuto solo raramente ed in determinate materie con una normativa che non appare per nulla esaustiva. In più, data l’incommensurabilità delle sofferenze interiori e la difficoltà di tradurre le stesse in somme di denaro, il risarcimento si pone al centro di due problematiche differenti: il rischio di duplicazioni risarcitorie e l’eventualità di incorrere in un risarcimento irrisorio, non corrispondente alla realtà del vulnus arrecato. In tale contesto, la norma cardine, così come sottolineato dalla Corte di Cassazione nel 2011[2], è l’art. 1226 cod. civ., ove si stabilisce che “se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato con valutazione equitativa”. L’equità, intesa nel significato di “adeguatezza” e “proporzione”, si pone quale garanzia dell’intero ordinamento, assicurando l’uniformità di trattamento in situazioni analoghe ed eliminando, in tal modo, ingiustizie, in ossequio al dettato dell’art. 3 Cost. . Partirò dall’analisi del sistema vigente in materia, ripercorrendo gli interventi normativi e giurisprudenziali, evidenziando la precarietà degli stessi e l’assenza di una legislazione unitaria ed omogena in materia. È necessario, poi, sottolineare come il quadro sistematico sia ad oggi reso ancora più complesso dato lo sviluppo di nuove tecnologie e l’incremento dell’utilizzo di software nella quantificazione del danno.
Ripercorrendo gli interventi legislativi, si deve rilevare come il Codice delle Assicurazioni (d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209), con la modifica degli artt. 138 e 139, avrebbe dovuto fare chiarezza in materia, ma ciò non è avvenuto. Il maggior merito di tale normativa è infatti rinvenibile nell’aver offerto una definizione legale di danno biologico, inteso quale “lesione temporanea o permanente all'integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamicorelazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito”. Per quel che riguarda, invece, il sistema liquidatorio, detti articoli hanno imposto l’adozione di Tabelle normative di valutazione del danno non patrimoniale da lesione alla salute provocate da sinistri stradali e da responsabilità sanitaria, distinguendo tra lesioni di non lieve entità (art. 138 Cod. Ass., riferito all’eventualità in cui i postumi siano superiori al 9%) e lesioni di lieve entità (art. 139 Cod. Ass., riferito all’eventualità in cui i postumi siano pari o inferiori al 9%). In entrambi i casi, il legislatore tenta di introdurre nel nostro ordinamento un sistema di predeterminazione ex ante del quantum risarcibile[3], mediante l’adozione di una Tabella Unica Nazionale che, individuando dei valori standard di valutazione del danno, parametrati alla gravità della lesione all’integrità psicofisica e all’età del danneggiato[4], e prevedendo di conseguenza degli specifici punti percentuali di invalidità, sono in grado di assicurare un’uniformità nella quantificazione del danno. In entrambi i casi, poi, si prevede che il giudice, con riguardo al caso concreto, possa procedere ad una (limitata) personalizzazione del valore risarcitorio. La tabella è così strutturata: la colonna verticale individua i punti di invalidità, mentre la colonna orizzontale le fasce di età; sarà l’incrocio tra i due valori a determinare il quantum risarcibile. Delle due norme, tuttavia, soltanto l’art. 139 ha avuto un’immediata attuazione. Nonostante siano trascorsi più di 17 anni dalla previsione nel Codice delle Assicurazioni dell’art. 138, il Governo non ha mai emanato le Tabelle Uniche Nazionali, mentre la norma delegante è stata modificata ben tre volte. Sebbene, dunque, vi sia stato un tentativo di riformulare il risarcimento del danno non patrimoniale mediante un sistema in grado di assicurare a livello nazionale il rispetto del principio dell’integralità del risarcimento in un’ottica di eguaglianza ed uniformità, tale obiettivo non può dirsi raggiunto. La necessarietà di un intervento legislativo volto ad arrestare l’opera creativa dei tribunali e l’inadeguatezza della Giurisprudenza nell’individuazione di criteri oggettivi ai fini del calcolo del risarcimento del danno non patrimoniale emerge anche dall’adozione delle Tabelle di Milano. In assenza, infatti, di un intervento legislativo, negli uffici giudiziari, grazie al lavoro degli Osservatori sulla Giustizia Civile, si è diffuso l’utilizzo di Tabelle di natura giudiziale. Ciò che qui preme evidenziare è l’inadeguatezza dei continui interventi giurisprudenziali. Sempre con l’intenzione di uniformare il sistema risarcitorio, la Suprema Corte è pervenuta ad una scelta nomofilattica di particolare importanza: con la sentenza n. 12408 del 7 giugno 2011, le Sezioni Unite hanno attribuito alle Tabelle di Milano valenza paranormativa, indicandole quali Tabelle giurisprudenziali di riferimento. L’intento era chiaramente quello di pervenire in via di diritto vivente ai risultati tanto auspicati mediante il (mancato) intervento legislativo. Ancora una volta, nella motivazione la Cassazione sottolinea la necessarietà di una liquidazione del danno non patrimoniale uniforme in tutto il territorio nazionale. Il problema, però, a distanza di anni, permane. Nonostante sia nobile la ratio sottesa alla creazione di tali tabelle, la mancanza di un’indicazione legislativa concernente la vicolatività delle stesse rende precario qualsiasi intervento della Suprema Corte. Le indicazioni di quest’ultima, infatti, sono state fin da subito disattese dai giudici di merito. I criteri di quantificazione delle Tabelle di Milano, a detta dei diversi fori nazionali, non avrebbero valorizzato la figura del danno morale, assorbita completamente in quello biologico. Ai fini di una valutazione unitaria di tutto il danno non patrimoniale, così come delineato dalla Corte di Cassazione con le Sentenze di San Martino nel 2008[5], le tabelle redatte nel 2009, prevedevano in un unico punto i valori del danno biologico e del danno morale, con quest’ultimo valutato in misura fissa a seconda del grado di invalidità. Se da un lato si privilegiava la prevedibilità del quantum, dall’altro ciò avveniva a discapito dell’effettiva corrispondenza tra l’ammontare della liquidazione ed il pregiudizio effettivamente subito. Fintantoché il legislatore non interverrà e chiarirà una volta per tutte il ruolo che le Tabelle di Milano ricoprono all’interno del nostro ordinamento e, dunque, la vincolatività o meno delle stesse e la posizione che queste ricoprono nell’ambito della gerarchia delle fonti, vi sarà sempre la possibilità per gli uffici giudiziari di discostarsi e di utilizzare altri sistemi che, nel caso concreto, risultino più congrui. Ciò è quanto è avvenuto nei Tribunali di Roma, ove la giurisprudenza di merito ha continuato a porre alla base delle proprie decisioni il proprio sistema tabellare (le c.d. Tabelle di Roma).
Le problematiche concernenti la quantificazione del danno non patrimoniale, la necessarietà di un risarcimento integrale e lo sviluppo tecnologico, hanno indotto gli studiosi ed i giudici ad utilizzare delle tecniche di intelligenza artificiale ai fini del calcolo del quantum risarcibile. L’obbiettivo è quello di ideare degli strumenti stragiudiziali che, facendo leva sulla predittività e sull’obbiettività delle decisioni, consentano una diminuzione del contenzioso in materia. È particolarmente in uso l’espressione “giustizia predittiva”, così definita proprio perché prodotta da un’attività automatizzata correlata a sistemi informatici. Appare subito evidente la difficoltà nell’applicare tali strumenti ad una realtà come quella giuridica che ha ad oggetto casi concreti e vicende umane irripetibili[6] e la pericolosità nell’ utilizzare macchine per sviluppare un pensiero giuridico[7] e per profetizzare l’esito del processo mediante una mera formula matematica. Alla luce di ciò, è necessario distinguere tra “intelligenza artificiale debole” ed “intelligenza artificiale forte”[8]. Nel primo caso, i sistemi informatici emulano un ragionamento giuridico già compiuto antecedentemente e al di fuori del sistema informatico che lo gestisce; nel secondo caso, invece, sono gli stessi sistemi informatici che, mediante i metodi di auto-apprendimento e machine learning, sono in grado di sviluppare un pensiero giuridico. Volgendo uno sguardo all’esperienza degli altri ordinamenti, la Francia è un esempio lampante della diffusione di servizi Legaltech. Nel 2020 il Ministero della Giustizia francese ha autorizzato l’estrazione di campioni di sentenze di merito in materia di dommage corporel per elaborare un algoritmo volto a standardizzare i criteri di liquidazione del danno non patrimoniale. Come detto precedentemente, l’obiettivo è assicurare una migliore amministrazione della giustizia, offrendo ai singoli degli strumenti informatici che consentano loro di aver maggiore consapevolezza circa l’opportunità o meno di avviare un contenzioso. “Datajust” è il nome del progetto francese indirizzato ai magistrati, alle parti ed ai relativi difensori, nonché ai consulenti. Tale strumento, basato su tecniche di machine learning, si prefigge quale obbiettivo futuro la sistemizzazione ed il riordino della materia, offrendo predittività e certezza nella valutazione del risarcimento del danno, mediante un algoritmo in grado di individuare dei parametri oggettivi alla base della decisione, limitando, in tal modo, la discrezionalità del giudice.[9] Anche il nostro ordinamento si sta evolvendo in tal senso. Sempre nel 2020, il Tribunale di Pisa ha messo a disposizione dei giuristi del Lider Lab dell’Istituto Dirpolis (Diritto, Politica, Sviluppo) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, l’archivio delle sentenze ai fini della creazione di una piattaforma giustizia predittiva[10]. Come per il progetto Datajust, si mira a sviluppare una metodologia di analisi del materiale giurisprudenziale, utilizzando tecniche di machine learning e analisi di “big data”. Ugualmente, poi, tale piattaforma si rivolge al servizio dei professionisti, cittadini e giudici. La Presidente del Tribunale di Pisa, Maria Giuliana Civinini, sottolinea le finalità di tale progetto che non solo assicura ai professionisti e ai cittadini la possibilità di avere più contezza della soluzione di un determinato caso, ma permette anche ai giudici di conseguire una conoscenza più approfondita della giurisprudenza in materie sensibili, quali quelle relative all’assegno di mantenimento in caso di separazione e divorzio ed in materia di danno non patrimoniale. [11] All’interno dei diversi fori nazionali si sta già diffondendo l’utilizzo di piattaforme software ai fini del calcolo del risarcimento del danno non patrimoniale. Mi riferisco in particolar modo alla diffusione della piattaforma ReMida Danno che, tenendo conto dei vincoli normativi e delle variabili di contesto del caso concreto, fornisce una stima del quantum risarcibile in sede di liquidazione del danno non patrimoniale. Autore del programma è il magistrato Gianfranco D’Aietti, esperto e docente di informatica giuridica. Tale sistema, di intelligenza artificiale debole, usufruisce di un ragionamento giuridico già formalizzato e modellizzato da giuristi esperti al di fuori del sistema informatico che lo gestisce. È, poi, lo stesso autore a sottolineare la necessità di affidare tale compito ai giuristi, gli unici in grado di tradurre le norme in modelli di tal tipo. [12] In realtà tale tecnica è già ampiamente utilizzata per il calcolo degli assegni di mantenimento per coniuge e figli nelle separazioni e nei divorzi, ambito da sempre ricco di incertezze. Il software giuridico, noto come “ReMida Famiglia”, è stato ideato esaminando oltre 2500 procedimenti di separazioni e divorzi con il metodo delle frequenze statistiche ed inserendo gli stessi all’interno di griglie e tabelle. Da tale analisi sono state poi ricavate le regole per determinare la percentuale di reddito da destinare a coniuge e figli in sede di contenzioso. Così facendo, il Magistrato è riuscito a tradurre in termini economici tutti i fattori rilevanti in sede di divorzio e ha trasformato le regole giuridiche in regole di calcolo (algoritmi) e in criteri matematici proporzionali, consentendo la quantificazione aritmetica anche di elementi difficilmente misurabili come, ad esempio, il tenore di vita. Tornando al danno non patrimoniale, la piattaforma ReMida Danno ha avuto un riscontro positivo nei diversi fori nazionali: il Tribunale di Catania[13], ad esempio, ha riconosciuto la validità e l’efficacia di tale sistema di consulenza utilizzandolo per determinare la quantificazione del risarcimento in seguito ad un incidente stradale. Allo stesso modo, il Tribunale di Bolzano[14] ne ha usufruito in sede di liquidazione del danno non patrimoniale, sottolineandone, dunque, l’utilità.
Conclusioni.
Dalla ricostruzione del sistema di liquidazione del danno non patrimoniale emerge un’unica certezza: la necessità di un intervento legislativo, volto a chiarire definitivamente il ruolo delle Tabelle di Milano e a regolamentare l’utilizzo di intelligenze artificiali ai fini della quantificazione del risarcimento, per evitare che ciò che si è verificato con l’adozione di diverse tabelle negli uffici giudiziari, avvenga anche con la diversa ideazione di strumenti informatici, con il rischio, ancora una volta, di ledere la certezza del diritto, vulnerare elementari principi di uguaglianza, minare la fiducia dei cittadini nell’amministrazione della giustizia ed aumentare, ancora una volta, il contenzioso in materia. Oltre le potenzialità dell’utilizzo di tali sistemi di consulenza, appaiono evidenti i timori di un’esasperazione dell’uso delle intelligenze artificiali. È chiaro che lo sviluppo tecnologico è un fenomeno inarrestabile che non va contrastato, ma al più studiato, compreso e regolamentato per evitarne quanto più possibile i profili patologici. Ciò che si teme è la perdita di importanza del ruolo dell’essere umano mediante la creazione di magistrati robot e possibili ingiustizie e discriminazioni derivanti dall’affidamento all’AI di giudizi inerenti alle vicende umane. Tuttavia, vale la pena sottolineare come gli strumenti automatizzati non devono essere ideati quali strumenti di sostituzione della figura del giudice ma, tutt’al più, quali strumenti di ausilio nel processo decisionale, sicché qualsiasi siano i risultati cui pervengono tali strumenti informatici, il giudice avrà sempre la possibilità di discostarsi e di giungere a diversa soluzione a seconda del caso concreto. [1] Cass., Sez. Un., 11.11.2008 n. 26972, in Italgiure Web. [2] Cass., Sez. III, 07.06.2011 n. 12408, in Italgiure Web. [3] C. Robustella, Brevi riflessioni critiche sulla modifica degli artt. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni Private, in Riv. Dir. Banc., 2019, II, I, 190. [4] G. BUFFONE, Lezioni di «Diritto Tabellare»: dagli artt . 138, 139 Cod. Ass . , alle leggi 27/12 e 189/12, in Ilcaso.it, 2013, 4-5. [5] Cass. Civ. SSUU, sent. 11.11.2008, n. 26972-3-4-5 in Italgiure Web. [6] G. De Pasquale, La giustizia predittiva in Francia: il trattamento DataJust, in Judicium il Proc. Civ. in Francia e in Europa, 2020, par: 1. [7] G. D’aietti, Le tabelle a punti del danno da morte: una predittività (finalmente) concreta, misurata e realizzata da giuristi, in Il foro italiano, 2022, V, 287 ss. [8] G. D’aietti, op. loc. ult. Cit. [9] G. De Pasquale, op. loc. ult. Cit. [10] D. Amram, Algoritmi, danno alla persona e nuove soluzioni legal tech, in Ciberspazio e diritto, 2021, I, 155 [11] D. Amram, op. loc. ult. Cit. [12] G. D’aietti, op. loc. ult. Cit. [13] Trib. Catania, 26.02.2019, in La nuova Procedura Civile, III, 2019. |