Keyword: contratto di lavoro sportivo; impossibilità della prestazione ; forza maggiore; In questo tempo sospeso di arresto delle attività sportive, con particolare riferimento al sistema calcio, cosa accade ai contratti dei calciatori e, di converso, alle società sportive detentrici dei cartellini di giocatori con ingaggi di milioni di euro? Allo stato delle cose, il Covid-19 ha messo in luce la complessità e la fragilità della governance sportiva. La pandemia ha portato con sé una profonda crisi economica e sociale evidenziando, sotto il profilo normativo, diversi punti critici, frutto di interessi divergenti tra le organizzazioni sportive e le autorità pubbliche. Lo sport si ferma, i contratti proseguono? Lo scorso 16 aprile l'Ascoli Calcio 1898 F.C. S.p.a. ha operato la risoluzione unilaterale del contratto di lavoro sportivo professionistico con il proprio allenatore, motivando la decisone in ragione delle “straordinarie e non prevedibili vicende del virus Covid–19”, che configurano la c.d. forza maggiore, assumendo come presupposto l’impossibilità di prevedere la ripresa del campionato e di dover, conseguentemente, salvaguardare la continuità aziendale, anche adottando misure di contenimento dei costi. La società ,per ricorrere…ha invocato, per prima in Italia, l'applicazione del principio di cui all’articolo 1467 c.c. per il quale devono sussistere … presupposti: - l’eccessiva onerosità sopravvenuta, cioè un oggettivo squilibrio delle prestazioni, che abbia imposto ad una delle parti un sacrificio economico superiore all’alea prevista del contratto ( es. importanti contratti di sponsorizzazione che prevedano la risoluzione del contratto da parte delle Aziende in caso di sospensione e/o fine anticipata del campionato e/o di partite svolte a porte chiuse); - avvenimenti straordinari ed imprevedibili, verificatisi successivamente all’attivazione del contratto, che rendano di fatto impossibile la prestazione ( es. la grave situazione epidemiologica da COVID-19 e le misure adottate dalle autorità che hanno fermato lo svolgimento del campionato). Nel caso di specie, l’art. 1467 c.c., norma di diritto comune, in assenza di peculiari ostacoli nella L. 91/1981, non può ritenersi incompatibile con il quadro regolatorio del rapporto di lavoro sportivo professionistico, anzi, va ad integrarne il vuoto normativo venuto alla luce con questa emergenza sanitaria. Quanto ai parametri identificativi della eccessiva onerosità, non si hanno riferimenti certi, essendo il concetto piuttosto fluido, tendente ad assumere forme e misure differenti in ragione delle singole manifestazioni nelle quali si concretizza. Tanto più nel caso di specie, rispetto al quale appare evidente che la sospensione del campionato di calcio e delle prestazioni sportive connesse, come il divieto di procedere agli allenamenti, ha impedito qualsiasi sorta di beneficio alla società datrice di lavoro, a fronte di un costo certo e predeterminato sulla base di un ordinario e regolare svolgimento della stagione sportiva. 2 Il caso da cui la presente analisi ha preso le fila potrebbe trovare fondamento anche nell’applicazione dell’art. 1256 c.c., secondo cui l’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Tra le cause invocabili ai fini dell’impossibilità della prestazione, rientrano gli ordini o i divieti sopravvenuti dell’autorità amministrativa c.d. factum principis, provvedimenti legislativi o amministrativi dettati da interessi generali che rendono impossibile la prestazione, indipendentemente dal comportamento dell’obbligato. Sembrerebbe, pertanto, legittima la risoluzione del contratto operata dall’Ascoli Calcio 1898 F.C. S.p.a. ai sensi dell’art. 1256 c.c. in quanto la dichiarazione dello stato di emergenza deliberata dal Consigli dei Ministri, 31 gennaio 2020, sarebbe il factum principis. Di converso dalla prospettiva dell’ordinamento sportivo, il contratto di lavoro viziato dall’evento straordinario ed imprevedibile Covid-19, potrebbe trovare soluzioni nella normativa vigente ? L’art. 15 dell’Accordo Collettivo per i calciatori di Serie A, al co. 4 prevede che: «qualora l’inabilità del Calciatore per malattia o infortunio, ovvero la sua inidoneità come sopra definite, si protraggano oltre i 6 (sei) mesi, la Società può richiedere al Collegio Arbitrale la risoluzione del Contratto ovvero la riduzione alla metà della retribuzione maturanda dalla data della richiesta fino alla cessazione dell’inabilità e comunque non oltre il termine di scadenza del Contratto». Tale disposizione presenta i seguenti vulnus, che non permettono di applicare la normativa al caso di specie: - un ambito di applicazione soggettiva molto ristretto, riferito alla sola figura del calciatore professionista di Serie A e non già alla categoria degli allenatori, i quali pur se equiparati ai primi dall’Art. 2 della L. 91 del 1981, hanno comunque una loro associazione di categoria differente; - non si fa menzione dell’ipotesi in cui “l’evento morboso” non duri oltre sei mesi e che quindi l’obbligo retributivo nei confronti dello sportivo vada rispettato senza eccezioni. Dal silenzio della legge si intuisce come ciò possa costituire una ipotesi di disparità di trattamento tra calciatori che sono inabilitati o inidonei allo svolgimento dell’attività sportiva colpiti dal virus e calciatori “non infetti”, e quindi idonei, ai quali non potrebbe in alcun caso essere ridotta la retribuzione o cessato il contratto, ragion per cui è preferibile ammettere che sia impossibile sussumere il caso di specie sotto la sfera applicativa dell’art.15. Un’altra possibile lettura è offerta dall’art. 88, co. 2 del d.l. 18/2020, già L. 24 aprile 2020, n. 27, che recita: “ A seguito dell'adozione delle misure di cui all'articolo 2,comma l, lettere b) e d) del decreto del Presidente del Consiglio 8 marzo 2020 e a decorrere dalla data di adozione del medesimo decreto, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1463 del codice civile, ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta in relazione ai contratti di acquisto di titoli di accesso per spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, e di biglietti di ingresso ai musei e agli altri luoghi della cultura”. La clausola della sopravvenuta impossibilità è una risposta alla questione sopra evidenziata, ma, alla luce di una interpretazione letterale del testo in esame, si evince come suddetta clausola sia riferita all’evento sportivo stricto sensu, cioè al “prezzo del biglietto”, e non alla prestazione sportiva dell’atleta a fronte della controprestazione dovuta dalla società sportiva. Pertanto la sinallagmaticità del contratto sportivo resta scoperta da questa clausola di “salvaguardia” e neanche questa sembrerebbe essere la strada percorsa dall’Ascoli Calcio 1898 F.C. S.p.A. . La soluzione che si paventa come quella più vicina al caso concreto sembrerebbe essere offerta dall’art. 55 delle NOIF, secondo cui: “ Le squadre che non si presentano in campo nel termine di cui all'art. 54, comma 2, sono considerate rinunciatarie alla gara con le conseguenze previste dall'art. 53, salvo che non dimostrino la sussistenza di una causa di forza maggiore. La declaratoria della sussistenza della causa di forza maggiore compete al Giudice Sportivo in prima istanza e alla Corte Sportiva d’Appello in seconda e ultima istanza. Il procedimento innanzi al 3 Giudice Sportivo ed alla Corte Sportiva d’Appello è instaurato nel rispetto delle modalità procedurali previste dal Codice di Giustizia Sportiva”. L’art. 55 delle NOIF affronta il problema della forza maggiore come causa di impossibilità della prestazione, affidando al Giudice Sportivo il compito di valutare, caso per caso, ogni evento per includerlo nella categoria della forza maggiore. Questo taglio, squisitamente anglosassone, sembra voler prendere le distanze dall’ordinamento generale, approdando così al riconoscimento del Giudice Sportivo come possibile “creatore di diritto” in grado di stabilire un precedente “vincolante” sul concetto di forza maggiore. Alla luce di quanto esposto, quali potrebbero essere le possibili definizioni di forza maggiore? L’ordinamento giuridico italiano non ne dà una nozione precisa e generalmente si parla di forza maggiore in relazione a quell’evento imprevedibile e inevitabile al quale non è possibile resistere (vis maior cui resisti non potest); è nel modello anglosassone, però, che la forza maggiore trova ulteriori chiarificazioni, grazie alle dottrine dell’impossibilità e della restituzione. L’impossibilità per quanto concerne la realizzazione dell’evento, la restituzione per quanto concerne il danno subito da tutti gli attori. Se l’adempimento contrattuale diventa impossibile a causa di un evento straordinario ed esogeno come la pandemia, la dottrina legale dell’impossibilità esonera la parte dall’adempimento e non considererà l’inadempimento come una violazione del contratto. Non bisogna dimenticare però che la dottrina dell’impossibilità ha un ambito ristretto e viene applicata raramente, perché mina la natura stessa di un contratto come promessa legalmente esecutiva. Peraltro, se i tribunali esonerassero regolarmente le parti dai loro contratti quando la prestazione si rivelasse più difficile del previsto, allora le parti perderebbero la fiducia che i contratti sono legalmente applicabili. Tuttavia la dottrina dell’impossibilità non può realmente contenere un requisito rigoroso quale la prevedibilità dell’evento; infatti gli eventi che tipicamente danno origine alla tutela dell’impossibilità sono i disastri naturali, come inondazioni e terremoti, accaduti molte volte in passato e che sicuramente si verificheranno ancora. Quindi, se una parte è stata esonerata dal suo contratto sulla base di impossibility, certamente non si conclude il percorso secondo la dottrina legale della restituzione, che però proibisce l’arricchimento ingiusto a scapito di un altro. Lo sportivo che non ha eseguito la sua prestazione, impossibilitato per causa di forza maggiore, ha diritto alla retribuzione, ma, d’altro canto, anche il datore di lavoro ha diritto a vedersi restituito il corrispettivo già versato, per il mancato svolgimento della prestazione e, vieppiù, il diritto a rifiutare legittimamente la propria contro prestazione in denaro (lo stipendio) di fronte alla mancata attività sportiva ed agonistica da parte dell’atleta. Volendo assumere come più realistica questa soluzione prospettata, si arriverebbe alla conclusione che nel nostro caso il datore di lavoro Ascoli Calcio 1898 F.C. S.p.a., non avrebbe potuto licenziare l’allenatore in via stragiudiziale, perché sarebbe dovuto essere il Giudice Sportivo a valutare se questo evento pandemico fosse stato sussumibile nella categoria della forza maggiore. In teoria sembra che le dottrine di impossibilità e restituzione possano applicarsi in modo abbastanza diretto ai contratti minati dal COVID-19, ma in concreto nessun contratto sportivo prevede una tale clausola che aprioristicamente regoli questa situazione. Tutto ciò, tuttavia, appare in pieno contrasto con il principio ex art. 38, co. 2 Cost., che stabilisce il diritto all’assicurazione di mezzi adeguati alle esigenze di vita dei lavoratori in tutte le ipotesi di disoccupazione involontaria, nelle quali, si ritiene dovrebbe essere ricondotta anche la situazione connessa all’epidemia da COVID-19. In tal senso, pro futuro, un’ipotesi funzionale potrebbe essere quella di prevedere contrattualmente una polizza contro il rischio da calamità naturali, catastrofi o gravi eventi morbosi il cui premio potrà essere pagato secondo percentuali prestabilite dalle società e da ogni singolo tesserato in proporzione al singolo ingaggio. 4 Di conseguenza, ogni squadra può accordarsi con i propri sportivi, su come far fronte al pagamento degli stipendi, che, allo stato delle cose, è diventato sempre più gravoso per le casse di tante società sportive, specie di quelle calcistiche. È opportuno evidenziare che i contratti sportivi sono individuali e non esiste un organismo capace di regolarli tutti. L’introduzione di una sorta di salary cap per gli stipendi degli sportivi, potrebbe essere una soluzione che concili la tutela contrattuale dello sportivo con le esigenze economiche e di bilancio delle società sportive? È necessario, quindi, pensare a nuovi modelli nonché a innovativi strumenti finanziari che possano proteggere società ed atleti dagli effetti nefasti di questa e di future situazioni emergenziali. Source: D.S. D’ALOIA, i contratti della prestazione sportiva tra principi costituzionali e regole del mercato, Tesi di laurea in diritto civile, Napoli, 2020 G. LIOTTA, L. SANTORO, Lezioni di diritto sportivo, Milano, 2018 E. LUBRANO, L’ordinamento Giuridico del Giuoco Calcio, Roma, 2004 F. LUCARELLI, Solidarietà e autonomia privata, Napoli, 1970, p. 171 BORJA GARCIA-GARCIA · MARK JAMES· DIONNE KOLLER · JOHAN LINDHOLM · DESPINA MAVROMATI · RICHARD PARRISH · RYAN RODENBERG, The impact of Covid-19 on sports: a midway assessment , in The International Sports Law Journal (2020) A. A. SCHWARTZ Contracts and Covid 19 – in Stanford Law Review, vol. 73, Luglio 2020 A. TORRISI, I contratti di sponsorizzazione sportiva, il rispetto delle regole federali e la distribuzione dei costi generati dal Covid – 19, in Riv. Dir. Sport., 2020 Regolamento del Giuoco del Calcio (FIGC), versione aggiornata al 12 agosto 2019 Regolamento lega nazionale professionisti Serie A, versione approvata il 19 marzo 2018 Link: https://www.figc.it/it/home/ - sito ufficiale FIGC https://www.figc.it/it/federazione/norme/regolamento-del-giuoco-del-calcio/ http://www.legaseriea.it/it - sito ufficiale Lega Serie A 5 http://www.legaseriea.it/assets/legaseriea/pdf/LEGA_STATUTO_REGOLAM ENTO_VIGENTE_20180319.pdf
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