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Cartografie sociali. Rivista di sociologia e scienze umane
Vol 1, N° 9 (2020) - Cosa resta del manicomio? Riflessioni sul fascino indiscreto dell'internamento

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A partire dalla domanda posta dal titolo di questo volume, contestualizzata
anche a fronte degli eventi pandemici determinati dalla Sars CoV-2, gli autori
si interrogano sulla persistenza di dispositivi, logiche e prassi manicomiali, e
sulle esperienze volte a contrastare questo "fascino discreto del manicomio",
all'interno delle politiche e dei servizi di salute mentale, ma anche nella più
complessiva organizzazione sociale: quello asilare è assunto, infatti, quale
modello biopolitico di governo dei corpi dei viventi, che sopravvive alla
chiusura degli ospedali psichiatrici come paradigma di internamento ed
esclusione.

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Dettagli

Le previsioni della Legge 180/1978 hanno determinato il superamento degli ospedali psichiatrici, ridefinendo le modalità di cura e presa in carico delle persone con sofferenza psichica attraverso una rete di servizi territoriali e ospedalieri inseriti nel Sistema sanitario nazionale, e disciplinando il trattamento sanitario obbligatorio (TSO) per sofferenti psichici (ancorato alle previsioni costituzionale dell'art. 32). Tuttavia, non solo, fino al 2016, sono sopravvissuti gli Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG), i vecchi manicomi criminali oggi superati da una nuova disciplina normativa che ha introdotto le Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) lasciando però inalterato il nodo dell'imputabilità del sofferente psichico autore di reato, ma negli stessi servizi psichiatrici territoriali e ospedalieri, nonché nelle strutture residenziali destinate a persone con disabilità fisica e psichica e anziani, sembrano spesso riproporsi interventi (contenzione fisica, chimica e ambientale, porte chiuse, processi di infantilizzazione delle persone sofferenti, burocratizzazione dei TSO trasformati in strumenti di ordine pubblico etc.) che attualizzano l'agire asilare. Inoltre, il progressivo smantellamento del welfare state, le differenze territoriali di investimenti e politiche di settore, una formazione delle professioni psichiatriche schiacciata sul modello bio-organicistico, l'arretramento del campo della salute mentale nell'ambito del solo specialismo psichiatrico, riducono troppo spesso l'azione trattamentale a un silenziamento farmacologico dei sintomi, facendo venir meno un'azione terapeutica capace di accoglienza, ascolto, cura, tutela e promozione dei diritti di cittadinanza attraverso la presa in carico del soggetto sofferente nella sua unicità di persona inserita in uno specifico contesto di relazioni familiari e sociali. D'altro canto, il fantasma manicomiale si palesa anche al di là dell'universo psichiatrico, in politiche e prassi di categorizzazione ed esclusione (ad esempio nel campo dell'immigrazione), in nuove forme di medicalizzazione della diversità (ad esempio nella scuola), nella cristallizzazione naturalizzata delle disuguaglianze (innanzitutto quelle sociali ed economiche). Con un approccio interdisciplinare e intergenerazionale, che dà spazio anche alla testimonianza di esperienze e pratiche che provano a contrastare le derive neomanicomiali, questo numero di Cartografie sociali vuole riproporre la centralità politica della questione psichiatrica e del tema della salute mentale, quali punti nodali del nostro fare ed essere Democrazia.

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Ulteriori informazioni

Collana Cartografie sociali
Titolo Vol 1, N° 9 (2020) - Cosa resta del manicomio? Riflessioni sul fascino indiscreto dell'internamento
A cura di Elena Cennini, Antonio Esposito
ISBN 978-88-5757-187-4
Pagine 352
Anno di pubblicazione 2020

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